Affrontare il cambiamento con gli strumenti della Death Education
Quante volte ci siamo sentiti a disagio di fronte alle domande dei bambini sulla nonna malata, sul nonno in ospedale, e nel vano e goffo tentativo di proteggerli dal dolore di una realtà tanto naturale quanto ineluttabile, abbiamo messo a nudo tutta la nostra incapacità di accettare il continuo cambiamento che è alla base di ciò che chiamiamo vita?
Una volta la morte faceva parte a tutti gli effetti della realtà dell’esistenza, e i bambini partecipavano alle veglie funebri, ai funerali, alle visite ai cimiteri. Oggi tutto ciò è considerato spesso sconveniente, come se negare ciò che accade tutti i giorni possa in qualche modo allontanare il dolore. Ma, ancor peggio, in questo modo non forniamo loro gli strumenti necessari per imparare ad affrontare i cambiamenti, non li alleniamo alla cosiddetta resilienza, e li lasciamo inermi ad affrontare difficoltà, perdite e lutti che prima o poi inevitabilmente incontreranno. I bambini fanno domande con schiettezza e hanno bisogno di risposte. Il silenzio e la negazione comunicano loro che qualcosa di terribile viene loro nascosto, e anche che gli adulti non potranno essere per loro né un punto di riferimento né un luogo di accoglienza per esprimere le loro emozioni.
I bambini sono intelligenti, pronti a capire, capaci di adattarsi alla realtà con moltissime risorse, e noi abbiamo la responsabilità di non mandarli nudi in giro per il mondo, ma ben equipaggiati per qualsiasi occasione e difficoltà.
L’educazione alla mortalità, così importante per crescere future generazioni di persone sagge ed equilibrate, capaci di coltivare altruismo e gioia, può iniziare da tante piccole cose, occasioni solitamente mancate. Halloween per esempio può essere un momento prezioso per ricordare i nonni che non ci sono più, fare qualcosa in loro nome, provare gratitudine per chi ci ha permesso di essere qui, in questo momento.
La malattia e la morte di un animale domestico possono trasformarsi in preziose occasioni per esercitarsi nell’arte della cura, considerata una caratteristica peculiare dell’essere umano, una vera e propria necessità ontologica, e per comprendere come ogni cosa fluisca nel ritmo incessante della vita. Ogni creatura ci dà la possibilità di provare e ricevere amore, e l’amore non muore.
Tra l’altro alcuni eufemismi, nati anch’essi dall’incapacità di affrontare l’argomento della morte con equilibrio e maturità, hanno spesso causato ripercussioni dolorose: “La nonna se n’è andata” è un messaggio che nella testa e nel cuore dei bambini, autoreferenziati per natura, può creare un forte senso di colpa nella convinzione di essere stati loro la causa di tale dipartita. “Il nonno si è addormentato” viceversa associa il sonno notturno con la scomparsa, con conseguenti problemi di insonnia spesso riscontrati negli anni successivi.
Insegniamo ai nostri bimbi a essere coraggiosi, dei leader, a parlare molte lingue, a praticare diversi sport, ma stranamente non ci preoccupiamo di dar loro quegli strumenti e quelle risorse fondamentali per essere in grado di affrontare i cambiamenti, non pensiamo che sia importante allenarli alle perdite, a riflettere sul senso della vita, a prendersi cura di altri esseri viventi.
I bambini sono in grado di accogliere e affrontare il dolore della vita, adesso tocca a noi adulti coltivare un atteggiamento più maturo e lungimirante nei confronti della realtà della malattia e della morte, a beneficio nostro e delle generazioni future.
Di Caterina Giavotto